I diari di mio padre, 1938-1946

Introduzione e Prefazione

Biografia Gregorio Corigliano

I diari di mio padre 1938-1946 di Gregorio Corigliano vedono finalmente la luce. Un mosaico  di memoria custodito in un cassetto per un tempo eccessivamente lungo. Ma quella memoria è rimasta sotto cenere e, d’un tratto, erutta fuori magmatica , corposa, bruciante perché tenuta a zampillare in una parte sotterranea dell’anima. E’ questa la genesi dei diari di guerra di Antonino Corigliano  che, per oltre trent’anni, hanno accompagnato in silenzio l’esistenza del figlio Gregorio che, trascinato dalla corsa impetuosa del tempo lavorativo, ha lasciato “incustoditi” i pensieri e le parole del padre.  Oggi tornano, si fanno attuali , decisi. E’ il 1938 quando il giovanissimo Antonino, dal lembo calabrese di San Ferdinando, si trova a svolgere il servizio militare a Cesena e poi, d’un tratto, viene destinato a svolgere la missione di ufficiale dell’Esercito in Libia. Una missione faticosa, illuminata da coraggio, supportata da resistenza fisica e morale e  dal dovere, coriaceo e irremovibile, di servire la Patria. A Bengasi, dove il vivere è gravido di positività e speranze, l’ufficiale Corigliano, poi sottotenente dell’Esercito nella Cirenaica, viene raggiunto dai venti impetuosi dello scoppio della seconda guerra mondiale. Un tuono che sorprende e disperde l’anima. E’ il 4 gennaio del 1941 quando viene fatto prigioniero dagli inglesi e deportato in India e , tra alterni e disumani cammini che sanno di bestialità, giungerà a Yol ( Kangra Valley) , dove rimarrà fino al 1946.  Qui il tempo si ferma, tempo e spazio si sfilacciano, l’ esistenza perde consistenza, il ricordo si fa bruciante, il dolore un’onda continua. Otto lunghi anni che, tra le pagine, assumono cromatismi esistenziali differenti che danno al lettore il senso di un’evoluzione straziante. Lo scrivere è nella prima parte arioso e luminoso; lentamente, nella seconda parte, si carica di una pregnanza dolente e grigiastra per poi farsi magma appiccicoso e scuro. La prigionia, che occupa la terza parte del volume, si fa  penosamente claustrofobica e  mostra l’uomo nella sua fragilità quando la speranza si riduce ad un lumicino. E la scrittura perde la sua distensione e si fa sincopata, sempre meno narrativa e sempre più diaristica, una sequela di fatti asciutti e desossificati come scarna e senza vita è la prigionia. Ed è in questo cammino di Storia e di storie che avviene qualcosa di particolare e inatteso. Le strade di Antonino Corigliano e del figlio Gregorio si saldano in modo inaspettato e per questo straordinario. Gregorio Corigliano  si inserisce nella narrazione del padre con una scrittura in corsivo che raggomitola i pensieri paterni, li accompagna, li fa camminare e li ridona al lettore. Il diario si sdoppia tra parole del padre e parole del figlio e si avverte una forte tensione emotiva come se il figlio, in quelle poche righe, riuscisse a riannodare col padre i frammenti di un dialogo interrotto e, ponendosi dentro il diario come io narrante, appare capace, finalmente, di riesumare la storia persa tra i tempi della vita. Un risarcimento morale e filiale che solo la scrittura, che “vince di mille secoli il silenzio”, è capace di restituire.

Incontro tra Giornalisti Paraguaiani e Cosentini

Un incontro interessante tra giornalisti paraguaiani e cosentini si è svolto nella sede del Circolo della stampa di Cosenza. Per il Circolo c’erano il vicepresidente Franco Rosito e il segretario Mario Tursi Prato.

Il gruppo straniero, composto da cinque giornalisti, è arrivato nel nostro Paese per uno stage presso la Gazzetta del Sud e il Quotidiano della Calabria, nell’ambito di un corso di comunicazione dell’Architettura e del Patrimonio. La prima parte ha avuto luogo nella capitale del Paraguay, con il patrocinio del Ministero delle Opere Pubbliche e Comunicazioni. Questa iniziativa è stata resa possibile dall’Istituto Internazionale di Formazione di Cosenza.

Franco Rosito ha spiegato ai colleghi stranieri gli obiettivi del Circolo e le attività sviluppate.

A partire da questo incontro si prevede anche di stabilire un collegamento continuo tra giornalisti di entrambi Paesi, con l’obiettivo di sviluppare in futuro progetti comuni di cooperazione e di scambio di conoscenze.

“Speriamo che questo sia l’inizio di tanti lavori comuni. Abbiamo molto da imparare da voi, visto che in Paraguay non abbiamo una organizzazione simile alla vostra”, ha detto la stagista Lourdes Torres Lugo.

Riflessioni sulla Calabria dolente

Esce il nuovo libro di FILIPPO VELTRI per Città del Sole Edizioni

La Calabria dolente

di Filippo Veltri

pp. 104 E. 12,00

Città del Sole Edizioni, 2013

Come parlare della Calabria oggi? Come costruire un’efficace e veritiera narrazione della nostra regione, senza scivolare in banalità, scuse, pregiudizi cui molta parte dei commentatori nazionali e locali ci hanno abituato? Ci riesce un giornalista di lungo corso come Filippo Veltri, firma di punta dell’Unità e responsabile per molti anni della redazione calabrese dell’agenzia di stampa Ansa, che con La Calabria dolente, appena pubblicato dalla casa editrice reggina Città del Sole Edizioni, raccoglie diversi interventi apparsi nel corso dell’ultimo anno su Il Quotidiano della Calabria e il Lametino.

Una voce autorevole, puntuale e sferzante che attraversa temi salienti della Calabria: il senso civico dei suoi cittadini, la responsabilità politica e l’efficacia dell’azione dei suoi amministratori, il problema della ‘ndrangheta, la sua penetrazione negli alti livelli, la reazione civile e la lotta antimafia, anche quando questa diventa parata e mestiere, la posizione della Chiesa di fronte a questo problema. Sono tracce di pensiero che si snodano efficacemente da un commento a un altro costruendo l’immagine di una terra che oggi più che mai appare “dolente”, stretta com’è da tentativi più o meno validi di rinnovamento sociale, civile e politico e la permanenza di vecchie logiche di potere, meschine mentalità diffuse e pervasiva cultura mafiosa. Leggi il resto dell’articolo »