Antonio Nicaso, “Dire e non dire”

Dice di non essersi mai preso sul serio, eppure Antonio Nicasio è considerato uno dei massimi esperti di ‘ndrangheta nel mondo, autore di bestseller internazionali sull’argomento tradotti in molte lingue. Nativo di Caulonia, paese in provincia di Reggio Calabria dal quale è partito alla volta del Canada con l’incertezza di chi è alla ricerca del proprio futuro, oggi insegna “Storia delle organizzazioni criminali” all’Università di Middlebury, nel Vermont, oltre ad essere giornalista apprezzato e studioso stimato dei fenomeni criminali di tipo mafioso. In questo periodo è anche all’Università della Calabria, dove tiene il corso “A scuola di antimafia 2”, per Scienze Politiche e Sociali, nel progetto “Legalità, criminalità e territorio” proposto da Libera (Associazioni, nomi e numeri contro le mafie) con il sostegno di Camera di Commercio e Prefettura di Cosenza. Data la permanenza in città, Nicaso ha colto l’invito del Circolo della Stampa di Cosenza e, in occasione della presentazione del suo ultimo libro scritto a quattro mani con Nicola Gratteri, ha dialogato con piacere, raccontando di sé e del volume, in compagnia del presidente del Circolo Gregorio Corigliano e dell’amico e collega Arcangelo Badolati, caposervizio di Gazzetta del Sud, anch’egli autore di numerose pubblicazioni sull’argomento.

Nell’affollata saletta della libreria Ubik, Corigliano ha introdotto il lavoro di Nicaso nell’ultimo dei molti incontri organizzati dall’associazione dei giornalisti cosentini, voluti per interagire con il territorio in un’azione di sensibilizzazione culturale e civile. Badolati, dall’alto della sua approfondita conoscenza dell’argomento, non ha potuto che sottolineare il suo apprezzamento per la serietà con la quale l’autore ha indagato il fenomeno ‘ndrangheta, dalle origini alle sue caratteristiche attuali, dando una chiave di lettura incisiva attraverso la decodifica del linguaggio mafioso, fatto di silenzi, smorfie e ammiccamenti. Non a caso il libro s’intitola “Dire e non dire. I 10 comandamenti della ‘ndrangheta nelle parole degli affiliati”. Nicaso, che nei suoi studi ha dedicato una particolare attenzione all’analisi comparative fra le mafie italiane e quelle straniere, ha confessato la sua passione per la ricerca, che lo ha portato ad immagazzinare ben 5 milioni e 200.000 file. Nel suo excursus storico sulla ‘ndrangheta ha raccontato che la prima traccia dell’organizzazione criminale calabrese appare in un memoriale del 1929, lasciato da un pentito in fin di vita ai carabinieri, smentendo la tesi che il primo a parlarne fu Corrado Alvaro sulle pagine del Corriere della Sera. Sulla Gazzetta della Calabria, invece, nel 1932 si titolò di ‘ndrangheta tropeana in seguito a un furto di gioielli in una chiesa, ma già alla fine dell’800, secondo lo scrittore reggino, erano presenti molti elementi che denotavano l’esistenza della criminalità organizzata. Agli inizi del ‘900 la ‘ndrangheta si globalizza, figurando negli atti giudiziari di Toronto nel 1908 e in Australia nel 1920, mettendo solide radici che dalla Calabria raggiungono le altre regioni italiane e luoghi strategici all’estero. “La forza della ‘ndrangheta – afferma Nicaso – sta nella capacità di coniugare tradizione e innovazione. Pur mantenendo la stessa struttura e gli stessi riti d’iniziazione, ha l’abilità di adattarsi al territorio nel quale opera”. Ma per le istituzioni, quelle calabresi in particolare, la ‘ndrangheta non esiste. Così l’iniziativa all’Università della Calabria, in aggiunta agli studi che Nicaso continua a portare avanti, vuole gettare un seme nella speranza che germogli una sana coscienza del fenomeno, perché – sostiene lo scrittore – il potere mafioso si nutre della nostra considerazione e legittimazione. L’uomo che, a detta di Badolati, ha lasciato il suo cuore nella piazza di Caulonia, lancia la proposta di un gruppo di ricerca, per studiare un fenomeno di grande portata sociale che mina lo sviluppo economico dei paesi e la libertà degli individui, nessuno escluso.

Franca Ferrami

 

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