La Polizia a difesa delle donne

Il motivo per cui il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne è drammaticamente sintetizzato dai dati forniti dal secondo Rapporto Eures sul femminicidio in Italia: 179 donne uccise nel 2013, il 70% in contesto familiare, e incidenza sulla percentuale totale relativa alle vittime di omicidio pari al 35,7% (179 su 502, statistica ancora più allarmante se si considera che nel 1990 era l’11,1%).

L’anno scorso è stato il più nero degli ultimi sette, in particolare per il sud del nostro paese da cui provengono 75 vittime. Lazio e Campania le due regioni in cui si è concentrato il più alto numero di femminicidi (20). Drammatico anche il contesto calabrese in cui, dati diffusi ieri dalla Questura, tra il 15 ottobre 2013 e il 14 ottobre 2014 sono stati rilevati i seguenti reati: 457 atti persecutori, 437 maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, 588 casi di percosse e 119 di violenza sessuale. Il Rapporto Eures evidenzia anche il forte aumento dei matricidi (23 casi) e la crescita dell’età media delle vittime (50 anni nel 2012, 53,4 nel 2013). Cosenza è stata una delle diciotto città italiane in cui ieri il Ministero dell’Interno ha voluto onorare questa ricorrenza con un convegno sul tema “La polizia a difesa delle donne”.

Presenti, oltre alle autorità locali, molti studenti delle scuole superiori cittadine, di Castrolibero, Paola, Corigliano Calabro e Praia a Mare. L’iniziativa, organizzata dalla Questura, si è svolta presso la Sala Quintieri del Teatro Rendano e si è aperta con l’intervento di Luigi Liguori e i saluti istituzionali di Gianfranco Tomao, rispettivamente Questore e Prefetto della Provincia di Cosenza: entrambi hanno sottolineato la necessità di una maggiore partecipazione dei cittadini nell’azione di prevenzione di tragedie quasi sempre anticipate da riconoscibili (quindi denunciabili) «violenze “sommerse” quotidiane che – ha affermato Tomao – oltre ad alimentare una cultura di tipo sessista, spesso si cristallizzano come base dei futuri femminicidi». A seguire, lo psichiatra e psicologo Paolo De Pasquali ha evidenziato alcuni aspetti biologici, clinici e sociologici relativi al fenomeno e fornito una serie di indicazioni da seguire, nell’ambito di relazioni di coppia, già al primo campanello d’allarme: «non accettare mai alcun tipo di violenza fisica, psicologica o morale dal partner e diffidare degli “ex” che si sono dimostrati particolarmente aggressivi evitando soprattutto appuntamenti solitari per eventuali “ultimi incontri” chiarificatori». Poi Paola Izzo, magistrato del Tribunale di Cosenza, ha analizzato ognuna delle fasi, dai primi segnali alle azioni di stalking e femminicidio, che portano il reo alla concretizzazione di reati tragici che determinano di fatto «un’emergenza sociale, quindi giudiziaria e di conseguenza legislativa». Gregorio Corigliano, presidente del Circolo della Stampa di Cosenza – che porta il nome di Maria Rosaria Sessa, giovane e talentuosa giornalista vittima di femminicidio – ha minimizzato «l’alibi del raptus» affermando l’esistenza esclusiva di una «violenza omicida che ha effetti economici, ma soprattutto umani, devastanti per la nostra società» e auspicato «un’autentica rivoluzione culturale necessaria a debellare l’omertà che spesso rende ancora più complicata la prevenzione dei femminicidi». Moderato da Gianluca Pasqua (Ten) e arricchito dalla toccante testimonianza di una giovane vittima di stalking e violenza domestica, il convegno è stato chiuso da Arcangelo Badolati. Il caposervizio di Gazzetta del Sud ha riportato il dolore inconsolabile dei familiari delle “cadute” e ha poi denunciato il dramma delle troppe schiave del sesso che, anche in Calabria, sono obbligate alla prostituzione attraverso il ricorso alla tortura e l’ingiustizia di molte aree del mondo in cui le donne sono sistematicamente mortificate. E costrette a vivere, private della libertà, nel terrore.

 

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